Dispacci, Marsiglia #2


Se pensate che Zazie dans le metrò sia una storia, sentite quella dei tipi da cui ho affittato casa, qui a Marsiglia.
Lui è Claude, ha circa 50 anni, una laurea in ingegneria, una collezione di medaglie come maratoneta appese disordinatamente alla porta. È nato a Marsiglia ma a 23 anni, per scappare alla leva obbligatoria, se ne andò in Turchia, un posto in cui il governo non sarebbe andato a riprenderselo.
Lei è Zezè, un’artista: dipinge e scolpisce. Come molte turche di buona famiglia, è stata educata alla scuola francese, ritenuta la più sofisticata di Ankara. Siccome aveva un talento, i suoi la spedirono anche per un bel pezzo a Firenze e lei ne approfittò per gironzolare l’Europa (la Turchia ante Erdogan). A un certo punto tornò indietro: aveva voglia di casa. Lì l’ha trovata Claude: l’ha corteggiata, l’ha conquistata e l’ha convinta, dopo un tempo ragionevole, ad andare con lui a Marsiglia.
Adesso hanno una casa su Cours Julien con una dépendance, due figlie ventenni che ogni mattina preparano il tè prima di farsi una partitina a scacchi – “Beviamo come i turchi”, ha detto Daphne quando ho riso della terza teiera che metteva sul fornello – un atélier lei, un lavoro di prestigio lui, un impegno congiunto per aiutare i richiedenti asilo.
Il giorno che sono entrata in casa ce n’erano una manciata intorno al tavolo della cucina e loro li stavano aiutando a compilare delle carte: non capivo chi fossero, e ho dato la mano a tutti e detto a tutti il mio nome, e questi mi guardavano sudata e carica di zaini e valigie e tappetini da yoga come fossi una matta.
Poi Claude e Zezé  mi hanno spiegato tutto. Un secondo dopo ero già innamorata di loro.  

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