Archive for October, 2010

Equatore

Trentaquattro gradi, il cento per cento di umidità e la superiorità manifesta della natura sull’uomo.
L’equatore è una vera figata.

No Comments

stuck in a moment

Ho preso il Titto e abbiamo cantato e ballato lungo tutto il carugio
e per cinque minuti sono stata
in pace con l’universo

No Comments

Ciao Franci

Ieri notte se ne è andato il Dima. Così, senza addurre motivazioni plausibili, per usare un’espressione che di sicuro lo avrebbe fatto ridere.
Era stato il mio maestro di giornalismo, e prima ancora una sorta di zio; più di un amico, un pezzo della famiglia.
Il Dima aveva la capacità di dirmi quando una cosa andava bene o no, su un articolo e nella vita di tutti i giorni. Geolina, quel rossetto ti invecchia andava di pari passo a Geolina, questo pezzo non mi trasmette emozioni. In entrambi i casi, sapevo che aveva ragione, anche se a volte provavo flebilmente a questionare.
Da tempo non lavoravamo più insieme, ma mi teneva d’occhio a distanza. La settimana scorsa, dopo aver letto un mio pezzo, mi aveva scritto una mail: “Oggi sono proprio orgoglioso di te. Non c’entro niente, lo so. Ma è come dire: ho visto il mio vicino in televisione… io quello lì lo conosco! E io conosco Geolina dolce che è proprio brava”. Gli ho risposto: “Tutto merito tuo, Fra”. Oggi, quando mi hanno chiamato per dirmi che non c’era più, ho ringraziato il cielo di averle scritte, quelle quattro parole.
Non so perché Fra se ne sia andato così. Nel sonno, come una persona affaticata.
Affaticato lo era di certo, ma la vita in lui sgorgava come acqua dalla fonte.
Aveva sofferto molto, quando un qualche pirla trentenne in giacca e cravatta appena assunto in Mondadori aveva pensato di iniziare a ridurre i costi partendo dal suo giornale. Non aveva capito nulla, ovviamente; e infatti dieci anni dopo avrebbero pagato qualcun’altro per fare la stessa cosa che Fra aveva intuito anni luce prima del resto del mondo. Ma quella storia gli aveva fatto male, anche se non lo diceva: il Dima era uno che viveva per scrivere, più che il contrario. Aveva tutti i difetti del giornalista, e le qualità di un uomo straordinario.
Quando la sera stavi cercando di andare a casa alle otto e lui ti chiamava di là nella sua stanza avresti voluto imprecare, perché ben che andasse ci saresti rimasto mezz’ora, e magari avresti pure dovuto riaccendere il computer.  Fra non aveva il senso del tempo, viveva solo e parlava incessantemente. Al posto di un computer aveva uno shuttle della Nasa, con duecento cose attaccate, monitor, telefoni, chiavette, decoder, e cazzapuffi vari, come li chiamava lui.
Si rollava a getto continuo delle microsigarettine che dimenticava dappertutto; le trovavi infilate tra la tastiera e il monitor e gli dicevi Cazzo fra, qui no, dai, e lui ti rideva in faccia beato e contento.
Era un uomo pieno di talento, con la testa tra le nuvole ma capace di scendere al momento giusto; era delicato e burbero e brontolone e allegro, e io non riesco ancora a piangere, ma so che presto dovrò fare i conti con il fatto che non c’è più.

No Comments

Rolling

Ma c’è ancora qualcuno che nell’eterna disputa tra i Beatles e gli Stones pensa che fossero meglio i primi?

(Keith Richards, nell’autobiografia che esce il 26, racconta di aver spiegato così a John Lennon dove sbagliassero gli scarafaggi: «You wear your guitar too high. It’s not a violin. No wonder you don’t swing. No wonder you can rock, but not roll»).

15 Comments

yellow fever

Nelle forme più gravi compaiono anche segni di grave interessamento epatico e renale quali ittero, tendenza alle emorragie (petecchie, ematemesi, melena), albuminuria marcata, oliguria sino all’anuria. Non rare le complicanze meningoencefalitiche o miocarditiche.
Il tasso di mortalità varia dal 10% al 15%, ma nel caso di epidemie i decessi possono interessare sino all’80% degli affetti.

Informazioni sulla febbre gialla, la redazione mi manda a fare un viaggetto.

4 Comments

l’Apocalisse

Il cronista che fa politica in Italia lo riconosci subito. Anche se ha 30 anni e l’agenda telefonica ancora piuttosto sguarnita.
Credo che appena assunti corrano da Benetton a comprare uno stock di gilet a V, meglio se a rombi ma vanno bene anche in tinta unita, purché tra il grigio fumo e il marrone – negli anni, diventeranno di Loropiana, quei gilet, ma con lo stipendio base si fa quel che si può.
Poi, perdono i capelli: iniziano a stempiarsi precocemente, finché a quaranta rimane al più qualche ciuffo scomposto stile Gad Lerner. Ovviamente, indossano giacche mai troppo di moda e  nemmeno troppo eleganti, il giusto per sentirsi vestiti meglio dell’uomo normale e, soprattutto, più boheme.
Il punto vero, però, più che nei dettagli di stile sta nelle conversazioni. Il fatto di avere qualche numero di telefono in rubrica li fa sentire importanti; lo negheranno, sempre, ma mentono sapendo di mentire. Sfogliano gli altri giornali e difficilmente dicono che il pezzo di un collega è bello; piuttosto, che sta facendo una campagna indecente, che non capisce il valore della notizia, che rincorre delle voci, che sente sempre gli stessi. Il cronista di politica, da noi, difficilmente racconta delle cose ai lettori: le racconta agli altri giornalisti, a quelli seduti in Parlamento, a qualche imprenditore, a mamma e papà.
È un meccanismo che ho visto in atto molte volte negli ultimi anni, e vedo in questi giorni – non me ne vogliano i colleghi, che stimo, ma credo di essere difficilmente smentibile. Ed è tanto peggio quando riguarda la nostra generazione, quella di coloro che dovrebbe aver smaltito la sbornia del quanto-è-figo-essere-giornalisti, perché non abbiamo né il peso specifico dei 50-60enni né tantomeno i loro stipendi e privilegi: siamo manovali, e impariamo insieme ai lettori.
Oggi sulla Stampa, l’unico quotidiano cartaceo che ormai vale la pena di leggere, Barbara Spinelli parla di “apocalisse del giornalismo”, riferendosi alla battaglia incrociata che sta tenendo banco: il Giornale contro il Sole contro il Corriere contro il Fatto contro Repubblica e via discorrendo. Intanto la casalinga di Voghera, ma anche Gea Scancarello, si è rotta le palle di leggere l’autodifesa referenziale della testata e della categoria, e cerca storie. Io grazie a dio le trovo all’estero, e provo a portarle in Italia; ma la casalinga di Voghera che magari non ha chiarissimo perché anche Obama è importante per lei, chiude i giornali e accende la tv.
Les jeux sont fait.

2 Comments

Tutta panna

Ci sono alcune mattine che mi guardo allo specchio e mi spavento per la somiglianza con mia madre. Mi sto mettendo la matita intorno agli occhi e mi vedo lei, come nei miei primi ricordi di infanzia: io seduta sul bordo della vasca da bagno e lei che si trucca con la sigaretta sempre accesa appoggiata al mobiletto.

Uno dei più grandi rimpianti che ho è sapere che non mi ha visto donna. Tra tante altre cose che la vita non ci ha concesso, lei non ha avuto il tempo di vedermi smettere i panni dell’adolescente per diventare una giovane adulta che credo le sarebbe piaciuta. E io non ho avuto il tempo di godermi una quotidianità intima e rassicurante, il confronto costruttivo, la dolcezza dell’amore incondizionato.

Sono passati molti anni ormai e il vuoto che ha lasciato è diventato una presenza con cui ho imparato a convivere. Ma in questi primi giorni di autunno mi trovo a sognare che squilli il telefono e ci sia lei dall’altro capo della cornetta, a chiedermi come  è andato il lavoro e se ci beviamo una cioccolata calda.

Non si lamenterebbe nemmeno più che mi metto le sue cose, perché finalmente peso meno di lei.

No Comments