Archive for March, 2012

Libera nos a malo

Negli ultimi sei mesi sono andata una settimana in ferie a Lampedusa e un’ape car (un’ape car, sì) mi ha investito. Sono stata qualche giorno in Polonia con il mio ex moroso, e dopo una settimana ci siamo lasciati.
Mi hanno rubato il motorino due volte e quattro il casco.
Ho fatto due giornate di riposo dal lavoro: la prima l’ho passata in commissariato a fare denunce di furto, la seconda – oggi – al parco, dove mi hanno rubato la giacca, alcuni libri e le scarpe appena ritirate dal calzolaio.
Le disgrazie della vita sono altre, intendiamoci. Ma se qualcuno conosce un esorcista e volesse consigliarmelo, sarei assai grata.

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e sia chiaro che una virgola in più sarebbe di troppo

Like the story of life, of your life
Is hello, goodbye
she’s only happy in the sun

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Requiem

Per anni ho messo in valigia un libro di Tabucchi in ogni mio viaggio: si trattasse di andare dai miei al mare o dall’altra parte del mondo.
Lo scoprì in Spagna, che ero già grande e lui famoso. Con il naso nelle sue pagine, da cui non riuscivo ad alzarmi per ore intere, capì cosa voleva dire raccontare i turbamenti dell’animo e della vita con colori, atmosfere, profumi, sapori, città, fantasmi.
Le parole non erano mai troppe; i luoghi non erano mai abbastanza.
Mi insegnò ad amare il Portogallo e Pessoa, dei cui segni andai in cerca con una combriccola sgangherata di amici appena ventenne. Mi insegnò che si potevano costruire interi mondi, giocando con le parole. Mi insegnò che in un libro poteva esserci tutto quello che avevo cercato senza riuscire a trovarlo altrimenti.
Mi innamorai di Tabucchi come ci si innamora di un fidanzato. Lessi tutto quello che aveva scritto nell’arco di un mese. E poi aspettai, con pazienza, articoli, nuove uscite, riedizioni.
Tabucchi è morto ed è la prima volta che muore uno scrittore e mi sento orfana di qualcosa. Di ingiustizie è pieno il mondo e la vita, ma sapere che non scriverà più nulla è un’ingiustizia in più.

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The bad

Questi mettono l’aragosta nei panini. Dio li perdoni.

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The good

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Spring in Boston

Ho messo in valigia il computer, l’iPod, un quaderno di carta riciclata e Freedom di Jonathan Frenzen. Ce lo avevo lì da un anno e mezzo: mi è sembrato profetico.

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L’alba del giorno dopo

Poi, dopo una serata troppo tutto, essere svegliati da un ventenne esuberante che ti chiede di lottare contro l’imperialismo e l’opulenza, e nell’impossibilità di spiegare la contingente e debilitante battaglia contro ettolitri di tequila che ti girano tra la testa e lo stomaco, sommessamente capitolare.

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