Archive for October, 2012

nell’alto dei cieli/2

Oltretutto, ho il fortissimo sospetto che il vecchio barbuto mandi questo tempo di merda per mettere a prova la mia resistenza ai dolci.
Guarda, vecchio, finiamola qua: non ho alcuna resistenza, hai vinto tu.
Ora mi ridai il sole?

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nell’alto dei cieli

comunque Signore volevo dirti che sei un signore proprio gentile che fai scendere l’apocalisse ogni sera che l’indomani non mi devo svegliare alle sei e mezza. Proprio proprio gentile.

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Sulla strada

Deve esserci una ragione per cui ogni volta che allontano mi dalla sinistra (che, intendiamoci, non vive in Italia, né a nord né a sud), la vita mi manda un segnale. Tipo amici licenziati in tronco perché i margini aziendali non ci sono più, o famiglie di quattro persone che erano classe media fino a dodici mesi fa in cui adesso entrambi i genitori sono senza lavoro, un figlio va ancora a scuola e l’unico che porta a casa lo stipendio è un 25enne pagato decisamente meno dei limiti contrattuali per lavorare molto di più dell’orario previsto.
Se credessi in Dio, direi che mi rimette sulla giusta strada. Invece deve essere quella roba che si chiama coscienza.

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Sweet home via Vigevano

I suoni gutturali del Corbetta, le grida di peppuccio, i biglietti in stile rione popolare anni 50.
Sweet home via Vigevano.

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Imperdibile

Guardatevi tutte, ma proprio tutte, le foto dell’unofficial diary dei 12 mila chilometri del viaggio di Edoardo lungo i confini turchi.
Tutte, eh, mi raccomando.

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Emilio Marchi

Paolo ha girato un piccolo documentario su Emilio Marchi.
Emilio, 70 anni, è un italo-argentino che nel 1974 è stato imprigionato a Buenos Aires per aver dato ospitalità a un dissidente.
Lo hanno tenuto dentro per tre anni, lo hanno picchiato, torturato, affamato, umiliato. Poi lo hanno costretto all’esilio.
Emilio è venuto in Italia, a Padova, dove aveva qualche familiare, e si è mantenuto vendendo i quadri che dipingeva. Nel 1983, alla caduta del regime, ha deciso di rientrare.
Gli ho chiesto perché. “Ogni esiliato ha dentro un misto di rabbia feroce e desiderio struggente di tornare”, mi ha detto.
Ha fondato una Ong per aiutare i bambini, Jardin de los ninos. “Ce n’erano centinaia per le strade, sporchi, affamati, mezzi morti di fame”.
Trenta anni dopo, aiuta ancora quei bambini, e le loro madri, e chiunque abbia bisogno. “Ma non è assistenzialismo: perché le persone devono essere spronate a imparare a lavorare, a mantenersi, a essere autosufficienti, ad avere una dignità”.
Paolo ha mostrato un trailer del lavoro alla platea di Padova, molto applaudito. Nessuno ha chiesto a Emilio, in sala, alto e magro come un stelo, visibilmente turbato e rannicchiato in se stesso come un bimbo, quale fosse il trait d’union: dove trova un uomo torturato e quasi ammazzato da una dittatura la voglia di tornare nel Paese e aiutare i più deboli.
La risposta è banale, forse. Ma è la forza straordinaria che nonostante tutto fa ancora girare il mondo.

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L’aggravante

Come quelli che ti mandano manciate di sms al giorno, Ho voglia di vederti andiamo a bere una birra ci tengo un casino puoi oggi?, poi la sera che ‘sta birra te la bevi davvero incroci un amico che gli dice Oh ma vivete ancora lì tu e la tua morosa?
e la risposta imbarazzata è Sì certo,
e tu dici Ma sono scema io o un demente vero tu?
e la risposta ovviamente è scema io, non perché lui sia non un demente, ma perché che cazzo ci faccio fuori con questo che ha l’attrattiva di un blocco di ghisa solo con in più l’aggravante di votare Bersani?

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