Sos amica non incinta


Tutto intorno a me ci sono donne incinte. O neomamme. O impazienti trentaequalcosenni in attesa di diventarlo.
Nel perimetro allargato delle mie amiche e delle buone conoscenti – incluse straniere, donne in carriera, furono ribelli – quelle che non aspettano un figlio o non ce l’hanno già si contano sulle dita di una mano. Penserete che stia esagerando: e invece no.
Come ha commentato con ostentata razionalità una oggi, è una questione di anni, alla nostra età è normale (risposta appena sibilata: quale età?); oppure, più prosaicamente, è come se fossero piovuti spermatozoi dal cielo nella versione divertita di  una nonna circondata da carrozzine.
Il risultato sono conversazioni che da settimane si ripetono uguali. Identiche. Talvolta commosse. Spesso isteriche. Qualche volta lacrimevoli. Perché la scoperta che la maternità non è (solo) come la pubblicità ce l’ha insegnata, raffigurata, proposta, imposta, è amara assai.
Per anni, prima che qualcuna veramente provasse sulla sua pelle, abbiamo assorbito questa “narrazione tossica” in cui l’elemento di realtà (pianti, ragadi, sonno mancato, ansia allo stato puro, solo per citare i primi sintomi) è totalmente espunto dal quadro, a favore di immagini solari di mamme e bambini riposatissimi e sempre sorridenti che si attaccano a tette perfette alte fin sotto al mento fin dal primo vagito, mentre il marito, più delicato di Ken, monta l’ovetto in macchina per favolosi week-end a tre che quasi qualunque famiglia cancella invece dall’agenda per almeno i primi sei mesi.
In attesa che i sei mesi passino, non resta che sommergere le superstiti (superstiti, sì) di dettagli su battesimi, asili nido, svezzamento, ruttini, coliche e poi non ricordo più, che a un certo punto mi va il cervello in overbooking e inizio a sentire quella specie di fischio che faceva la tivù negli Anni 80 quando non c’era programmazione, per chi è abbastanza vecchio da ricordarselo.
Avevo sempre pensato che prima o poi avrei voluto fare due o tre bambini (ma anche che sarei diventata ricca e magra, e al momento non so quale delle tre sia più lontana: verosimilmente il ricca e madre, il che è tutto dire). Continuo a credere al mille per cento che, una volta superato l’inferno iniziale, i figli possano essere in assoluto la gioia più grande. Ma dopo questa estate sento che per recuperare dall’eccesso di bambitudine a cui sono stata esposta dovrei infilarmi a un raduno di hippy e consumare sostanze psicotrope in abbondanza.

Ps. Amica mia che sei incinta o neomamma e leggi queste righe, non ti offendere ti prego. E non stupirti nemmeno. Lo sai anche tu, spero, che questa è la realtà.

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    #1 by Anabel on August 20, 2014 - 13:55

    Lo so fin troppo bene ed è tuo dovere divulgare la verità!! :))

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    #2 by gea on August 20, 2014 - 14:18

    è tuo dovere dimostrarci che si può prendere una (moderata) sbronza a due mesi dal parto, quindi ti aspetto al varco quando torno da San Francisco
    (un po’ di brandy invece fa sempre bene, ed è contenuto nel rescue remedy dal quale spero che tu non abbia inopinatamente smesso di abbeverarti).

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    #3 by Robi on August 20, 2014 - 16:35

    Direi intanto che i primi 6 mesi sono i più facili: stanno nella loro culla, bevono solo latte (della mamma o in polvere), dormono quando non hanno le coliche o quando non mangiano. Quindi possono venire ovunque con te. Infatti durante i primi 6 mesi (direi fino ai 12) siamo stati ovunque in Italia e all’estero, in macchina, in treno e in aereo. Il problema nasce quando camminano o quando non dormono anche dopo i primi 6 mesi o quando rifiutano di mangiare qualsiasi cosa facendo ingrassare inesorabilmente mamma e papà che poi si consolano per tutti i precedenti problemi (la lista non è completa) con schifezze alle quali mai si sarebbero avvicinati prima. Non sono io la mamma ma posso dirti che per la mia esperienza la decisione di avere un figlio spesso non è programmata e ancora più spesso non la si può programmare perché razionalmente parlando crescere un figlio comporta moltissime rinunce e quindi se fai due conti il risultato tornerebbe sempre negativo, meglio non procreare. Il punto è che come disse Pino Daniele, ogni scarrafone è bello a mamma soja, un figlio regala emozioni che nessun’altra esperienza potrebbe dare. Quindi meglio non pensarci su, o ti butti o non ti butti, ma se ti butti poi devi essere pronto a dare tutto te stesso.

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